I)

Sparse nella città, lapidi commemorative di ogni epoca e dimensione appaiono come didascalie di pietra, messe a commento. Immerse nel campo ottico  del paesaggio urbano esse segnalano (ma non mettono in discussione) la separatezza che esiste tra il dominio del visuale e quello dello specifico-simbolico. La parola scritta delle epigrafi è un messaggio integrato con le possibilità del paesaggio retinico. Per questo motivo epigrafi e lapidi sono  dispositivi di comunicazione di massa: la loro  funzione è cristallizzare per sempre il qui e ora che, caso per caso, commemorano. Forse catalogabili tra le eterotopie Foucaltiane di quarto tipo, quelle connesse al tempo, come i musei, (1) anche le lapidi sospendono il tempo dell’avvenimento che celebrano nel Tempo: solide lastre di pietra sulle quali  una quantità di segni significanti  (i caratteri dell’alfabeto)  è organizzata in poche  e importanti parole, incolonnate in rigorosa simmetria assiale. Una regola che non ammette variazioni.


 II)

” Il linguaggio ha ormai come natura prima  la qualità di essere scritto. I suoni della voce non ne formano che la traduzione transitoria e precaria…Quanto alla scrittura essa è il “principio maschile” del linguaggio. Essa sola detiene la verità. Questo primato dello scritto spiega la presenza di due forme che sono indissociabili[....] Si tratta anzitutto dell’ indistinzione tra ciò che è veduto e ciò che è letto, tra l’osservato e il riferito.” [....] ” il linguaggio spezza la sua crudele parentela con le cose, per entrare in quella della sovranità solitaria, da cui riapparirà dopo che è diventato letteratura.”(2)


 III)

E' possibile considerare propriamente letterari i solenni e concisi messaggi impressi su lastre di pietra? Scritti da mani ignote o note (e invariabilmente incisi da mani sconosciute), essi affascinano chi legge. Il loro valore comunicativo (lapidario) è fuori discussione: risiede esattamente nella peculiare capacità di isolare l'avvenimento descritto facendolo apparire come sospeso in un tempo perenne, paradossale e indipendente dalla cronologia ufficiale che pure lo registra.

Il valore della parola scritta, quel suo essere significante in sé, si manifesta qui con chiarezza. La solidità del materiale ne rafforza la portata: l'autonomia della parola aspira all'eternità.

 

IV)

Ma questa pretesa d’eternità rimane tale. Agli avvenimenti notevoli, così significativamente registrati, ne seguono altri affatto notevoli, come quelli, inevitabili, che regolano l’ordinaria metamorfosi della città e il suo crescere a strati. Risultato: le lapidi, oggetti “minori” d’arredo urbano, scompaiono alla vista, spesso risucchiate, nascoste, inglobate, rimosse. La memoria storica affidata al “perpetuo lapideo”, entra nell’oblio suo malgrado.


V)

Oppure è l’abitudine a renderle invisibili. ” L’uomo che vive al mare non ode più il rumore delle onde” scriveva Victor Sklovskij nel lontano 1923. (3) Cioè non si ode (o si vede) quello che si è già conosciuto. L’arte è in grado di far ri-conoscere. Si tratta di porre le epigrafi in evidenza, di trasferirne i contenuti su nuovi supporti. Fuori dal quotidiano, lo “scarto” dell’arte rispetto il reale crea straniamento: l’oggetto torna a significare, recupera la purezza della comunicazione.











installazione alla Mole Vanvitelliana di Ancona           

photo: © Paolo Zitti